“Ricordo bene il punto di non ritorno: una sera durante un litigio molto acceso ho spinto mia moglie e le ho tirato uno schiaffo sul viso. Ad ogni litigata la situazione degenerava sempre di più e la mia rabbia era sempre più fuori controllo. Io mi pentivo di quello che avevo fatto un istante dopo, ma la volta successiva ricominciava tutto da capo, come se nulla fosse successo”.
Queste sono le parole di Claudio, uomo di 50 anni, sposato con sua moglie Beatrice di 46 anni che subiva frequentemente violenze dal marito. Si tratta di un caso, come tanti altri, in cui la violenza prende il sopravvento all’interno del rapporto di coppia e diventa l’unico mezzo per mantenere il controllo sul partner, agendo una serie di atti che limitano la libertà dell’individuo e lo danneggiano sul piano psicologico e/o su quello fisico. Tuttavia, la violenza si può presentare anche all’interno di un nucleo famigliare, a causa delle condotte maltrattanti di uno dei due genitori o di entrambi, e a farne le spese sono i figli, che porteranno a vita i segni dei danni subiti. Da piccoli probabilmente avranno una bassa autostima, disturbi del sonno, dell’alimentazione, dell’apprendimento, chiusura in sé stessi e molto altro ancora. Da adulti invece, potranno essere affetti da svariate patologie e saranno più predisposti a ricorrere a piaceri momentanei, come quelli forniti dalle droghe o dall’alcool.
A questo punto è importante precisare che esistono varie tipologie di violenza, da quella verbale, a quella comportamentale, a quella fisica.
Tra i maltrattamenti verbali rientrano:
- Svalutazione diretta: l’uomo utilizza parole di disprezzo che sminuiscono o umiliano la partner poiché le verbalizza anche in presenza di altre persone. Frasi come “Non vali niente”, “Non sai fare niente”, “Non capisci”, “Sei una stupida”, “Sei vestita come una vecchia”, “Vicino alle tue amiche sembri una nana” prese a sé non sembrano tanto deleterie, ma ripetute nel tempo possono produrre forte insicurezza da parte di chi le riceve.
- Svalutazione indiretta: in momenti di tranquillità e complicità l’uomo scherzosamente sminuisce la partner attraverso battute ironiche che superficialmente sembrano fini a se stesse, ma ripetute nel tempo, e all’interno di un contesto maltrattante, hanno un loro grande peso.
- Ipercriticismo: qualsiasi cosa svolga la donna non va mai bene, solo il partner sa come si deve fare qualcosa e, anche quando le mostra come si fa, ciò che realizza lei è sempre sbagliato.
- Minacce: sono vere e proprie intimidazioni di toglierle delle libertà o di farle del male fisicamente se la donna non fa ciò che il partner le chiede. Siccome il partner è ipercritico e quindi le azioni della donna (pulire casa, preparare i pasti, uscire per fare la spesa, ecc) non gli vanno mai bene, spesso vengono proprio attuate queste minacce.
- Insulti: ogni volta che la donna lo fa arrabbiare, quindi non si comporta come lui vorrebbe, l’uomo tende ad insultarla colpendo proprio i pilastri più importanti della personalità e dell’autostima, come la moralità (“Sei una sgualdrina”), la femminilità (“Non sai fare la donna”, “Non sai darmi piacere”, “Sei brutta”, “Sei troppo grassa”, “Sei troppo secca”) e le capacità intellettive (“Sei deficiente”, “Non sei capace di far niente”).
- Atteggiamenti verbali di comando: il modo col quale parla alla donna, soprattutto quando sono soli e quando è arrabbiato, è spesso impositivo, come se fosse un superiore che dà degli ordini ed esige ubbidienza.
Ricatti morali: per ottenere i comportamenti desiderati, l’uomo può verbalizzare la possibilità di svolgere qualche azione negativa verso la donna, i figli o i famigliari di lei.
Tra i maltrattamenti comportamentali sono presenti:
- Isolamento da amici e familiari: l’uomo maltrattante tende a limitare sempre di più, se non addirittura ad impedire, le relazioni della donna con amici e familiari. Questo per non darle la possibilità di avere degli alleati che la possano rendere più forte e meno controllabile; al contrario, più la donna è sola più è facilmente manipolabile.
- Atteggiamenti svalutanti indiretti: in momenti di tranquillità e complicità l’uomo si comporta in modo tale da sostituirsi alla partner, per esempio tiene lui la contabilità familiare perché “tanto lei non è capace”. Questi comportamenti sono subdoli perchè avvengono in un clima mite che non è collegato al momento d’ira, proprio per questo la loro ripetitività trasmette un messaggio indiretto ancora più potente delle manifestazione dirette.
- Attacchi di ira che impauriscono la donna: quando il partner perde il controllo esplode la sua rabbia attraverso azioni irruente verso oggetti e/o verso di lei o i figli. Queste azioni si traducono spesso in immagini e sensazioni indelebili che segnano profondamente la donna e creano uno stato emotivo sottostante di forte ansia e terrore, che si attiva quando avverte degli atteggiamenti tipici che inquadra come segnali prodromici (che annunciano la reazione violenta).
- Ipercontrollo: l’uomo attiva comportamenti atti a controllare continuamente la sua partner per evitare che possa compiere azioni che lui le ha vietato o che possa in qualche modo tradirlo. Telefonate continue, incontri a sorpresa, fino a compiere dei veri e propri inseguimenti.
Invece, i maltrattamenti fisici vanno dagli spintoni, alla privazione del sonno attraverso comportamenti che tengono sveglia la partner, al tirare i capelli, alle percosse e alle fratture degli arti, delle costole o di qualsiasi altra parte del corpo della donna. In questi casi siamo già nel settore delle violenze fisiche, perché qualunque atto che comporta un danno fisico, che sia anche “solo” tirare i capelli è una violenza fisica. Nei casi estremi si arriva all’utilizzo di oggetti come bastoni o coltelli e all’azione di gravi condotte che possono portare alla morte della partner.
Occorre precisare che la violenza può essere agita indifferentemente sia da uomini che da donne, anche se diversi studi scientifici dimostrano che per la maggior parte dei casi è l’uomo a maltrattare fisicamente la partner.
Quando viene fatta denuncia di violenza, spesso questi soggetti vengono mandati dal giudice, tramite codice rosso, in un centro per uomini autori di violenza affinché possano parlare con uno psicoterapeuta competente in materia, per aiutarli a prendere consapevolezza di ciò che hanno commesso e favorire la reintegrazione sociale. Altri uomini giungono in questi centri che aiutano gli autori di violenza a “guarire” in modo spontaneo o su suggerimento informale delle forze dell’ordine. Questo tema riguarda un aspetto sociale e culturale molto diffuso che si basa sullo stereotipo, per il quale l’uomo debba dominare la donna. Per risolvere il problema della violenza occorre favorire un cambiamento nella prospettiva socio-culturale. Tutto ciò viene promosso da numerosi centri specializzati che si occupano di uomini autori di violenza.
“L’amore non lascia lividi, non minaccia, non offende, non ricatta e non distrugge”.