Cos’è il conflitto?
Si verifica quando un comportamento di un membro di una nucleo è incongruente con aspettative, desideri, regole degli altri membri, e ciò origina opposizioni reciproche.
Esse possono creare difficoltà negli aspetti interattivi ed emozionali della relazione, che possono manifestarsi anche attraverso comportamenti aggressivi ed emozioni negative.
Questa definizione permette di dissociare il disaccordo o l’incongruenza dagli effetti sul piano emozionale e comportamentale, che possono essere di varia entità e intensità.
Questo è un punto fondamentale da tenere a mente, perché non necessariamente la presenza di un disaccordo implica conflittualità. Infatti, il confitto dipende da come è gestito un disaccordo. Se da un certo punto di vista il disaccordo è inevitabile (e, come sappiamo, spesso presenta risvolti positivi) il
conflitto è evitabile nella misura in cui viene gestito in modo ottimale, come vedremo in seguito. Dunque, ci sono modalità funzionali e disfunzionali per gestire il conflitto.
Questo significa che il problema non è essere in disaccordo anzi, può essere una risorsa, una ricchezza, si lavora in gruppo proprio per quello (oppure si pensi a Piaget e al ruolo del conflitto sociocognitivo come molla per lo sviluppo mentale).
Il problema è allora la gestione del disaccordo. È la diversa gestione che può generare conflitti intensi e frequenti.
Negli ultimi anni, soprattutto in psicologia, è mutato il modo in cui viene concettualizzato il conflitto genitori-figli e anche le funzioni che gli sono attribuite. In passato il conflitto era considerato come un momento drammatico, forte, intenso, di rottura della relazione fra genitori e figli. Una sorta di punto di non ritorno che era funzionale alla separazione nell’ambito di questo processo di autonomia e di individualizazione. Oggi il conflitto viene considerato più come una perturbazione che ha carattere temporaneo e che di fatto non compromette il legame, la coesione tra genitori e figli, ma piuttosto ha una funzione che è quella di stimolare cambiamenti, riorganizzazione dei ruoli e delle relazioni famigliari. Quindi è un catalizzatore del cambiamento famigliare.
È tipico un intensificarsi della conflittualità tra genitori e figli.
Con che frequenza e intensità si verificano i conflitti nel corso dell’adolescenza?
Dalla preadolescenza alla media adolescenza sono diffusi battibecchi quotidiani su argomenti talora di scarsa importanza.
La frequenza dei conflitti diminuisce gradualmente, però diventano più accesi e intensi.
Conseguenza: diminuzione delle emozioni positive dei genitori nei confronti della relazione.
Come possono essere gestiti in famiglia i conflitti?
Tre principali strategie
❖ Partecipazione al conflitto→implica usare insulti verbali, rabbia, strategie difensive o di attacco e perdere il controllo , aggressione.
❖ Ritiro→non accettare la discussione e il confronto (ritiro), evitare il problema, non parlarne e diventare distante.
❖ Problem solving positivo→cercare di comprendere il punto di vista dell’altro e usare il ragionamento costruttivo per ricercare il compromesso. Ci si confronta anche in mmodo acceso, ma ci si spiega, ci si ascolta, si argomentano le posizioni diverse, con pazienza. Se ciò è svolto con impegno e con perseveranza, con rispetto e autocontrollo, l’esito di un conflitto si può tradurre in un compromesso. Tutto questo porta ad un miglioramento della situazione conflittuale.
Come vengono usate durante l’adolescenza queste diverse modalità?
Sebbene discussioni e liti sono spesso piuttosto accese, la ricerca ha dimostrato che le famiglie affrontano i conflitti usando prevalentemente strategie di compromesso. È per questa ragione che la maggior parte degli episodi di conflitto famigliare si concludono in prevalenza con esiti positivi, e questo conferma il ruolo del conflitto nel facilitare le trasformazioni delle relazioni familiari .
Quindi, come abbiamo visto se il conflitto viene gestito in modo corretto, può essere funzionale, nel senso che può svolgere una funzione utile, di facilitazione dei cambiamenti famigliari. Ma perché questo accada devono sussistere precise condizioni nella famiglia. Infatti, il conflitto può avere funzioni costruttive quando ha luogo in un una famiglia in cui vi è clima di coesione, di condivisione, di partecipazione reciproca, di intimità: le decisioni vengono prese attraverso negoziazioni più che a seguito di imposizioni unilaterali. E sottolineo un aspetto importantissimo legato a questo: se un adolescente viene allenato in famiglia a gestire in modo positivo i conflitti, egli acquisirà delle abilità sociali che gli permetteranno per saper gestire i disaccordi in modo costruttivo nelle diverse relazioni, con i coetanei, gli amici e i partner sentimentali.
Il verificarsi di conflitti non è necessariamente un indice di problematicità, ma dipende da come viene gestito e dipende dal clima famigliare entro il quale il conflitto si manifesta.
Quando invece il conflitto si verifica in una famiglia caratterizzata da un clima ostile, avversivo, si assiste spesso ad un incremento della intensità di ostilità, rancore, distanza, che rende molto difficile la gestione del conflitto, i figli possono sentirsi trascurati ed evitare l’interazione coi genitori.
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