Disabilità e sessualità

“La maggior parte delle persone disabili è vista come asessuata, quasi fosse scontato che la disabilità precluda la sfera sessuale. Disabilità e sesso sono tabù che si sommano: è giusto parlarne per smantellare tutto questo riserbo ipocrita. Un altro passo verso l’autonomia!”.
Queste parole, espresse da una persona con disabilità, colpiscono dritte al cuore, perché ci rendono consapevoli del pregiudizio che molti di noi hanno nei confronti della disabilità e della sessualità. Erroneamente pensiamo che questi due vocaboli non vadano insieme, come se il desiderio si fermasse con la disabilità. La sessualità legata alla corporeità sembra non essere compatibile con le difficoltà e i difetti fisici di questi individui, dimenticando però che essa ha forme diverse, che è un linguaggio che non riguarda solo il corpo, ma anche i sentimenti e i pensieri, e che ha a che fare con l’affettività, lo scambio e i progetti. Le persone con disabilità reclamano una qualche forma di sessualità.


Se da una parte i normodotati possono avere dei pregiudizi su questo tema-tabù, gli stessi portatori di handicap possono averne nei confronti dei desideri che provano, che in parte non riconoscono come legittimi o che negano. Il fatto di essere accuditi li fa sentire come dei bambini incapaci di esprimere desideri e fare delle scelte.


I disabili hanno un’immagine di se stessi che non dipende solo da come si percepiscono all’interno delle relazioni e del contesto sociale, ma anche da come gli altri li vedono. Di solito le persone con handicap non vengono considerate dalla società come attraenti o sexy, non sono i primi aggettivi che ci vengono in mente pensando a loro, e questo comporta che essi stessi non si sentano valorizzati da un punto di vista affettivo ed erotico. 


Parlare di disabilità e sessualità, quando se ne parla, può generare imbarazzo, equivoci e pregiudizi, ma non si può fingere che queste persone siano, come scritto all’inizio dell’articolo, “asessuate” e prive di bisogni sessuali legati al corpo, di bisogni relazionali ed affettivi e di desideri o progetti di vita. Anche se non rientrano negli schemi stereotipati proposti dalla società, ad esempio la bellezza, la prestanza fisica o la salute, non vuol dire che essi non abbiano dei diritti in merito. Infatti la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, pur non parlando esplicitamente di “diritti sessuali e riproduttivi”, li inserisce all’interno dei diritti alla salute, alla famiglia e alla protezione da ogni forma di violenza, inclusa quella di genere. Anche l’OMS, dopo aver inserito la sessualità tra le componenti che contribuiscono al benessere, afferma che essa sia un diritto di tutte le persone, incluse quelle disabili.


Per chi fosse interessato o particolarmente sensibile al tema, il consiglio è quello di guardare il documentario intitolato “Sesso, Amore & Disabilità” di Priscilla Berardi e Adriano Silanus. L’argomento della disabilità e sessualità viene affrontato attraverso le testimonianze di persone disabili e le considerazioni dei professionisti. In questo docufilm si sottolinea l’importanza che le storie d’amore e di sesso hanno per la crescita, per lo sviluppo dell’autostima, per la percezione di sé e del proprio ruolo sociale e per il benessere in generale. Si parla poi anche delle difficoltà che i disabili incontrano nell’instaurare delle relazioni affettive e/o erotiche a causa dei pregiudizi, del pietismo, dei rifiuti e dei dubbi che a volte le stesse famiglie nutrono nei loro confronti (es: “non credo che mio figlio sia capace di essere passionale e di soddisfare una donna”) o che la società nutre (es: “loro non hanno gli stessi bisogni dei normodotati, sono asessuati”). Non mancano poi le riflessioni su argomenti impegnativi quali la figura dell’assistente sessuale, il devotee cioè il normodotato che prova un’attrazione sessuale per donne o uomini che hanno un handicap fisico, e infine il wannabe, ovvero colui che desidera essere disabile.


Quello che è fondamentale ricordare è che entrare in relazione con un altro individuo, ci permette di riconoscerci come persone uniche, originali, con un proprio valore, e per coloro che hanno una disabilità questa rappresenta l’occasione per sentirsi non più disabili e manchevoli di qualche cosa, ma finalmente “esseri umani completi”.

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *