Burnout generazionale: perché i Millennials e la Gen Z sono così stanchi?

Cos’è il burnout (e perché non è solo lavorativo)

Tradizionalmente, il burnout è stato associato al lavoro: un esaurimento emotivo causato da stress cronico, mancanza di riconoscimento, carico eccessivo o perdita di motivazione. Tuttavia, negli ultimi anni, il concetto si è allargato. Oggi si parla di burnout generazionale, una condizione sempre più comune tra Millennials (nati tra il 1981 e il 1996) e Gen Z (dal 1997 in poi).

Questa stanchezza non riguarda solo la sfera professionale, ma anche quella emotiva, sociale ed esistenziale. È una sensazione pervasiva di esaurimento, apatia e sopraffazione che va oltre la fatica fisica.

Le radici del burnout generazionale

1. Lavorare per vivere… o vivere per lavorare?
I Millennials sono cresciuti con l’idea che, con impegno e studio, avrebbero avuto accesso a una vita stabile e gratificante. La realtà però è stata diversa: crisi economiche, precarietà, inflazione, gig economy. La promessa del “successo” si è scontrata con un mondo del lavoro incerto, competitivo e iper-performante.
Per la Gen Z, la situazione non è molto diversa. In più, si è aggiunta la pressione di essere sempre visibili, sempre connessi, sempre “in costruzione”, anche sui social.
2. L’ansia della produttività
Viviamo in una cultura che celebra il multitasking, l’efficienza e il “fare di più in meno tempo”. La produttività è diventata un valore identitario. Riposarsi? Quasi un atto di disobbedienza.
Questo porta molte persone a non concedersi mai una vera pausa, con l’effetto paradossale di rendere ogni attività — anche le più semplici — faticosa.
3. Sovraccarico informativo e decisionale
L’accesso costante a notizie, stimoli, video, messaggi e contenuti ha creato un rumore mentale continuo. La mente non si ferma mai. Inoltre, la varietà infinita di scelte (cosa mangiare, che serie guardare, che lavoro fare, dove andare…) può diventare fonte di ansia e paralisi decisionale.
4. Instabilità sociale e crisi globali
Pandemie, guerre, crisi climatica, incertezza economica. I Millennials e la Gen Z sono cresciuti con la sensazione che il mondo sia un posto instabile e imprevedibile. Questo alimenta una forma di stress costante che logora a livello profondo, anche se spesso non ce ne accorgiamo subito.

Non è solo una questione individuale

Parlare di burnout generazionale significa riconoscere che non è solo “colpa nostra” se ci sentiamo così. Non siamo pigri, fragili o incapaci. Stiamo cercando di sopravvivere in un contesto che, spesso, non è fatto per il benessere mentale.

La buona notizia? Comprendere le cause è il primo passo per cambiare le cose.

Come iniziare a prendersi cura di sé (davvero)

Imparare a riconoscere i propri limiti: dire “no” non è debolezza, è protezione.
Riposarsi senza sensi di colpa: il valore personale non si misura con la produttività.
Disconnettersi ogni tanto: anche la mente ha bisogno di silenzio.
Cercare supporto: parlare con uno psicologo può aiutare a rimettere ordine dentro il caos.

In conclusione

Millennials e Gen Z non sono “troppo sensibili”. Sono generazioni che stanno cercando di farsi spazio in un mondo che cambia a una velocità folle, senza una vera guida. E sono stanchi. Ma non devono affrontarlo da soli.
Il burnout non è un fallimento: è un messaggio. Ascoltarlo è il primo passo verso un nuovo equilibrio.

 

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