Realtà virtuale e realtà aumentata: le nuove frontiere della psicologia

A partire dal ‘700 la tecnologia non hai mai smesso di evolvere: oggi è così diffusa che strumenti come smartphone, computer e tablet fanno parte a tutti gli effetti della nostra quotidianità. Infatti, oltre ad ambiti come l’istruzione, la comunicazione e la medicina, essa sta entrando sempre più nel contesto della psicologia e della psicoterapia. Di particolare interesse sono la realtà virtuale (VR) e la realtà aumentata (AR), innovazioni che rappresentano un potenziale in forte espansione.

La prima si sostituisce alla realtà fisica creandone una di parallela attraverso speciali visori, stimoli olfattivi e tattili, e movimenti simulati: in questo modo, il soggetto si trova completamente immerso, si sente integrato a quella stessa dimensione ed è temporaneamente isolato dalla realtà concreta del mondo esterno. Alcuni esempi di realtà virtuale sono il cinema in 3D e in 4D, i simulatori di volo, i videogiochi immersivi, i tour virtuali per visitare musei e città.
La seconda, invece, non si sostituisce alla realtà fisica, ma, come dice il nome, va ad aumentarla: il soggetto, infatti, rimane nella realtà concreta e può interagire con essa, e grazie a particolari dispositivi può vedere o percepire elementi virtuali che vengono riprodotti nell’ambiente circostante dando l’illusione di essere effettivamente presenti. Ad esempio, attraverso una semplice app del telefonino, inquadrando il soggiorno di casa ti sarà possibile “proiettare” il mobile che vorresti acquistare per verificare se il modello si adatta alla tua stanza e all’arredamento già presente.

Veniamo ora alle applicazioni della realtà virtuale e della realtà aumentata nell’ambito specifico della psicoterapia. Attualmente gli strumenti più utilizzati in questo campo sono i visori: si tratta di particolari dispositivi, come occhiali e caschi, in grado di alterare la percezione dello spazio e dell’ambiente. Essi risultano molto utili in quanto possono suscitare nell’individuo sensazioni ed emozioni disturbanti o disfunzionali che necessitano di essere gestite in un contesto protetto.

I visori sono efficaci soprattutto nel trattamento dei disturbi d’ansia, poiché permettono la simulazione degli stimoli e delle situazioni che generano paura, preoccupazione, angoscia e stress. Ad esempio, una persona che teme l’altitudine può essere aiutata nello studio dello psicologo facendole sperimentare in maniera simulata la stessa vertigine che proverebbe se si trovasse al decimo piano di un palazzo: in questo modo, paziente e terapeuta hanno la possibilità di lavorare insieme sulle emozioni che scaturiscono, elaborandole e trovando le strategie per trasformarle e renderle così più funzionali.

Un’altra paura molto diffusa è quella degli spazi chiusi, come ascensori, aerei, tunnel, ristoranti, etc.: attraverso i visori è possibile riprodurre tali situazioni in modo che il paziente passi da una “realtà pensata” ad una “realtà percepita”. Il terapeuta crea degli ambienti ad hoc e dosa di volta in volta l’intensità degli stimoli pericolosi, partendo da quelli meno temuti e andando sempre più verso situazioni preoccupanti e stressanti per l’individuo. I progressi vengono monitorati con la tecnica del biofeedback, che permette di controllare le risposte fisiologiche involontarie (battito cardiaco, sudorazione, respirazione). In un tempo successivo, al paziente risulterà più facile ed agevole affrontare queste situazioni in vivo. Ad esempio, potrà essere creato un ascensore più o meno spazioso, un ristorante più o meno affollato e con più o meno porte d’uscita, in modo tale che progressivamente il paziente si abitui e prenda confidenza con gli stimoli stressogeni. Questa tecnica non è altro che uno sviluppo della ben conosciuta desensibilizzazione sistematica tipica dell’approccio cognitivo-comportamentale.

Una curiosità per concludere. L’Italia è molto all’avanguardia in questo campo, infatti esistono degli spazi, chiamati CAVE (Cave Automatic Virtual Environment), stanze adibite all’attuazione di programmi virtuali a sostegno dell’intervento terapeutico, nelle quali pareti e pavimento sono dei grandi schermi e al loro interno non è necessario utilizzare i visori VR ma bastano dei semplici occhiali 3D.

 

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