Come gestire la paura delle malattie: l’ipocondria

Ipocondria è sinonimo di paura delle malattie. Etimologicamente deriva dal greco hypo cioè sotto e chondros cioè sterno. Anticamente si riteneva infatti che l’origine della malinconia fosse localizzata in questa parte del corpo. Solo in seguito il termine viene utilizzato col significato odierno.

Si tratta di una variante dell’ansia. La persona concentra la sua attenzione sui sintomi psicofisici interpretandoli in maniera catastrofica e irreale. Per rassicurarsi ricorre a eccessivi esami clinici e cerca sul web informazioni facendo l’errore dell’autodiagnosi. La brutta notizia è che la rassicurazione funziona cinque minuti, cinque ore e, ben che ti vada, cinque giorni, poi la preoccupazione si ripresenta uguale o travestita con altri abiti.
Anche in questo caso c’è un pensiero che vuole controllare in toto la vita e il futuro, focalizzando l’attenzione su probabilità altamente improbabili.

Ti preoccupi dell’eventualità che un aereo cada proprio sopra la tua casa mentre tu sei dentro? Ti preoccupi del fatto che camminando una macchina ti potrebbe tirare sotto? Hai paura che un meteorite distrugga la terra domani? Hai paura che la tua città possa essere invasa da insetti velenosi? Verosimilmente la tua risposta è no, anche perché se fosse sì il tuo problema non sarebbe l’ipocondria ma qualcos’altro. Pertanto da un punto di vista operativo, una volta fatti i normali accertamenti, devi assolutamente smettere di farne altri poiché, così facendo, alimenteresti il problema piuttosto che risolverlo. In questo caso un medico al giorno toglie la salute di torno oltre ad arricchire le sue tasche e svuotare le tue. Accetta di avere dei picchi di ansia e vedrai che come un’onda si infrangeranno.

Prendi in giro i tuoi pensieri ipocondriaci. Se divori serie televisive come Dr House, E.R., Scrubs, Grey’s Anatomy, Royal Pains e simili spegni la tv e fatti una bella passeggiata in mezzo al verde, di sicuro la tua energia vitale aumenterà. È stato dimostrato da studi dell’Università di Rhode Island che gli appassionati di queste fiction possono mettere in atto pensieri e comportamenti del genere.
Se ti riconosci come ipocondriaco e pensi di essere un caso eccezionale sappi che invece sei in buona compagnia: a partire da Argante de Il Malato immaginario di Molière, passando per Woodie Allen, ricordando il colonnello Gheddafi e finendo col nostro nazional-popolare Carlo Verdone.

Un’altra ipotesi da investigare su chi ha questi disagi è la paura della morte. Se pensi che siamo esseri umani e forse solo alcuni di noi possono fare qualche sporadica esperienza spirituale ne consegue che siamo un mucchio di ossa destinati a diventare polvere e con la morte tutto finisce; la vita è governata dal caos e dal caso e bisogna cercare di combattere la malasorte per sopravvivere al meglio. Diversamente se percepisci che siamo esseri spirituali che fanno un’esperienza umana ne consegue che esistiamo da e per sempre. Dalla elevata frequenza energetica spirituale assumiamo una frequenza energetica umana per poi ricongiungerci alla Fonte. In questa visione la morte come la nascita sono un passaggio, la vita non è mossa dal caos ma da una Intenzione con la quale possiamo sintonizzarci. Tutti abbiamo uno scopo, una missione che attraverso diverse modalità dovrebbe allinearsi coi desideri della Mente Universale. Evolvere per diventare creativi, amorevoli, ispiratori di bellezza, meraviglia espansiva e accoglienza è l’obiettivo cui siamo chiamati da Dio/Vita. Se hai questa concezione dell’esistere non c’è motivo per temere la morte né tanto meno avrai bisogno di controllare ossessivamente la presenza di eventuali malattie.

Mio nonno, passato a miglior vita nel 1977, era in ospedale da un paio di giorni perché si sentiva fiacco. Ha fatto in tempo a chiamare al suo capezzale alcuni dei suoi molti figli. Li ha lasciati con queste parole: “Desso mi moro, zerchè de voerve ben come che ve gò insegnà” (“Sto per morire, cercate di volervi bene come vi ho insegnato”); poi ha chiuso gli occhi, ha girato la testa a lato ed è spirato. Ancora oggi mi viene una trepidazione quando penso a queste parole che mi sono state riferite dai miei familiari. Pur essendo un semplice contadino che non sapeva né leggere né scrivere perché il suo compito era quello di andare a pascolare le oche, nella sua semplicità ha riassunto con le sue parole finali una visione spirituale dell’uomo. Probabilmente, se avesse avuto la possibilità di studiare, lo immagino un avvocato. Era in autobus in direzione Trieste per far visita a una figlia suora. Sfogliava un quotidiano e il vicino di posto gli si rivolse così: “Vu gavì el giornae roverso” (“Avete il giornale rovescio”); questa fu la sua risposta: “Bravo. Tutti zè boni a lesarlo par el drito!” (“Bravo. Tutti sono capaci a leggerlo dritto!”).

Credo che il motto di spirito sia un’ulteriore testimonianza di una visione spirituale dell’esistere.

Termino questo articolo con alcune frasi di persone più conosciute di mio nonno che hanno lasciato la terra certi di una dimensione energetica superiore, affinché possano suscitare in te un’emozione che affievolisca la paura di essere malato o di abbandonare la realtà fisica.

“In paradiso udirò”, Ludwig Van Beethoven

“Luce, luce. Il mondo ha bisogno di più luce”, Goethe

“Vado in quel luogo che per tutta la vita ho sognato di vedere”, William Blake

“È bellissimo lassù” Thomas Edison

“Ram, Ram, Ram, Dio, Dio, Dio”, Mahatma Gandhi

“Vedo il mio Signore”, Sant’Antonio da Padova

“L’ora che ho sempre desiderato è finalmente giunta”, Santa Teresa D’Avila

“Abbà, Padre: nelle tue mani affido il mio Spirito”, Gesù

 

 

 

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