Come ben noto, gli interventi di Pet Therapy coinvolgono solo animali domestici predisposti al contatto naturale con le persone.
Nessuno si aspetta di dover interagire con un coyote o un serpente a sonagli, essendo poco docili, diffidenti e data la loro difficile domesticazione. Eppure, sempre di più vengono utilizzati animali che non si penserebbe. Ognuno di loro, infatti, possiede delle qualità uniche in grado di apportare specifici benefici nella relazione con il paziente.
In questo articolo parleremo degli animali maggiormente utilizzati nella Pet Therapy, e di quelli che meno ci aspetteremo in grado di poter svolgere questo compito complicato, eppure…
Tra gli animali più coinvolti troviamo: cani, cavalli e gatti. Ma non mancano i conigli nani, i delfini e gli asini.
I cani risultano essere i più utilizzati, essi sono come gli uomini delle specie sociali, in grado di creare relazioni e quindi di comunicare. Attraverso l’olfatto, l’udito e la vista, il cane è in grado di comprendere facilmente il linguaggio non verbale utilizzato dall’uomo. Ciò rende agevole a questi due soggetti comprendere i desideri e bisogni reciproci, instaurando un legame profondo (Scarcella, Vitali, & Brescianini, 2019). Il cane è inoltre particolarmente sensibile, intelligente e adattabile a vari contesti e situazioni. Non esistono razze canine più adeguate di altre, ma sono presenti dei criteri da rispettare: il cane dev’essere ben educato e abituato a vivere in ambienti urbani e a contatto con le persone. Tra questi i migliori a rispettare tali requisiti sono i Golden Retriever e i Labrador.
I cavalli, invece, sono utilizzati per una specifica branca della Pet Therapy detta: riabilitazione equestre o ippoterpia. In queste riabilitazioni il paziente svolge il lavoro sia a terra sia in sella al cavallo. Nei lavori a terra il paziente si prende cura del cavallo nutrendolo, strigliandolo e pulendo il suo box; ciò aiuta a stimolare nel soggetto un senso di autonomia, una miglior autostima e senso di responsabilità che si rivela, poi, bidirezionale: “il cavallo si prende cura di te se tu ti prendi cura di lui” (Fossati, 2003, p. 23). I cavalli, in particolare, sembrano essere indicati nella riabilitazione psichiatrica, soprattutto per i malati di schizofrenia, ma vengono molto utilizzati anche nella cura delle dipendenze. Anche i cavalli come i cani, inoltre, devono avere una predisposizione al contatto con le persone ed essere docili e tranquilli.
Anche i gatti possono essere coinvolti negli Interventi Assistiti con gli Animali. Essi risultano ottimi per soggetti che hanno paura degli animali o affetti da sindrome dell’aspetto autistico, perché i loro interventi nella relazione sono moderati e avvengono lentamente (Fossati, 2003).
I conigli nani, invece, sono principalmente utilizzati per il loro aspetto fisico: hanno un pelo morbido e rassicurante ed un carattere particolarmente disponibile al contatto umano.
Anche i delfini hanno un ruolo negli Interventi Assistiti con gli Animali, ma purtroppo vengono poco utilizzati in Italia. Non ostante ciò, essi hanno avuto molti riscontri positivi in campo psichiatrico. I delfini amano interagire con l’uomo ed il contatto con l’acqua può produrre un effetto rilassante nei pazienti.
L’asino, infine, viene coinvolto soprattutto nelle riabilitazioni di demenze e disabilità intellettive. Questi interventi sembrano produrre un rallentamento della progressione della patologia nelle demenze e un aumento delle capacità negli individui con disabilità intellettive. Va comunque fatta attenzione alla tendenza di questo animale ad avere paura degli ambienti nuovi, ecco perché il setting va preparato accuratamente. L’asino, comunque, ha la capacità di trasmettere serenità e sicurezza, ed essendo molto curioso è ben disposto al contatto umano (Cirulli, 2013).
Di recente, si sta prendendo in considerazione anche l’utilizzo di animali non prettamente domestici ma addomesticabili. Gli studi su questo tipo di terapia, infatti, avanzano e con essi anche l’impiego di altri animali quali uccelli, criceti, pesci e capre. La straordinarietà di questo approccio sta anche nello sfruttare le capacità sensoriali di questi esseri che sono più sviluppate di quelle umane.
Insomma, gli Interventi Assistiti con gli Animali non riguardano solo cani e gatti, come erroneamente si potrebbe pensare. Soprattutto, non esiste un animale migliore di un altro. Essi vanno scelti dall’equipe in base alle specifiche caratteristiche dell’animale e del paziente, esaminando caso per caso.
Certamente va ricordato che gli animali non sono qualcosa ma qualcuno, sono dei collaboratori attivi negli Interventi Assistiti con gli Animali, possiedono specifici bisogni e desideri che vanno rispettati.
Il ruolo dell’animale non può essere quindi né di guaritore prodigioso, né di strumento, né di sostituto. Il suo ruolo è di essere parte attiva di un rapporto all’interno della relazione terapeutica/educativa, a seconda delle situazioni (Garoni, & Molteni, 2016).
BIBLIOGRAFIA
Cirulli, F. (2013). Animali terapeuti. Manuale introduttivo al mondo della pet therapy. Roma: Carocci Editore.
Fossati, R. (2003). Guida alla Pet Therapy. Verso il benessere psicofisico con gli animali da compagnia. Sesto Fiorentino (Firenze): Editoriale Olimpia.
Garoni, E., & Molteni, M. (2016). Il contributo della zooantropologia alla pet-therapy. Interventi Assistiti con gli Animali, 79.
Scarcella, C., Vitali, R., & Brescianini, F. (2019). Interventi assistiti con animali. Manuale per operatori. Santarcangelo di Romagna (RN): Maggioli Editore.
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