La velocità della lentezza: Per mettere il turbo ci vuole uno stop

Le richieste della società moderna sembrano volerci mettere costantemente alla prova: siamo immersi in una corsa frenetica che punta al “di più”, al risultato e all’eccellenza, costringendoci a valicare spesso e volentieri i nostri limiti naturali senza che nemmeno ci rendiamo conto di farlo.

Questa smania di produttività e l’ansia diffusa che ne deriva ci pone di fronte ad un paradosso: siamo circondati da strumenti sempre più sofisticati, che ci facilitano nello svolgimento delle attività quotidiane e ci fanno “risparmiare tempo”, ma ci sentiamo sempre più affannati e con le ore contate.
Sembra che abbiamo troppo da fare rispetto alle tempistiche che ci sono date, eppure non riusciamo a ritirarci da questa competizione che ci vuole perfezionisti, impeccabili, estremamente produttivi e, in un certo senso, i migliori in assoluto.

 

Il valore del no

 

Migliori… rispetto a cosa? Rispetto a quali standard?
Ne abbiamo perso il senso: nonostante questo, continuiamo, perché affannarci è diventato di per sé la sola attività che siamo davvero in grado di fare, fino a non farcela più.
Chiamiamo “stress” le conseguenze anche patologiche e psicosomatiche che derivano da tale mentalità: allo stesso tempo, però, sembra esserci la convinzione che questo disagio debba per forza colpirci, come segnale del fatto che ci stiamo effettivamente dando da fare.

Da ciò, vi è una preoccupazione condivisa nel combatterlo, pena il rendersi conto che potrebbe non esistere nessun reale nemico da sconfiggere, se non nel nostro modo di pensare.
Come fare per riuscire a rallentare e a ritrovare significato della direzione intrapresa, senza perdersi nell’ansia di quel “fare” che ormai sembra prevalere sull’essere?
Non è per forza necessario intraprendere percorsi di rilassamento, meditazione o training autogeno se questi appuntamenti non fanno che aggiungere impegni e scadenze a delle giornate già fitte di attività. Quello che davvero può facilitare la distensione è, in primis, ritrovare il proprio ritmo, il che comprende anche ritornare ad una respirazione consapevole, che ci metta in contatto con il nostro corpo.

Di fatto, la concretezza di quest’ultimo è la sola cosa che può realmente connetterci con il presente, perché rappresenta il momento in sè, ci fa capire come stiamo e riflette i nostri pensieri nelle posizioni che assume e nel livello di tensione della muscolatura. Tutto ciò, ovviamente, se si impara a riconoscerne i segnali.
Riappropriarsi di un ritmo più consono alla nostra persona può inizialmente suscitare sensi di colpa, perché inevitabilmente si tende a confrontarsi con l’automatismo collettivo all’andatura frenetica.
Tuttavia, se ci si rende consapevoli delle nostre caratteristiche uniche e delle specifiche esigenze di ognuno, si può comprendere che proprio rallentare consente di rispettarsi e di essere realmente produttivi ed efficienti, in quanto connessi con noi stessi.
Ognuno di noi, oltre che diverso, presenta velocità differenti di procedere nei vari momenti della vita, a seconda delle circostanze: prendersi un momento di pausa non significa doversi per forza fermare, con il rischio di non riuscire a ripartire più, nonché con la paura che da ciò consegue. Piuttosto, vuol dire assumere un’andatura più consapevole, prestando attenzione ad ogni piccolo progresso che si compie, dimenticando per un po’ la pressione sociale e le imposizioni esterne per dare priorità ai propri bisogni. Sappiamo bene, infatti, quanto un sano egoismo sia indispensabile per poter, solo poi, essere altruisti: l’amor proprio non implica l’esclusione degli altri, semmai integra la collettività e ne riconosce l’importanza per il singolo, ma solo quando siamo noi per primi a sentirci sufficientemente lucidi e rispettosi dei nostri equilibri.

Per mantenere il proprio baricentro, perciò, è bene rinunciare alla fretta: non tanto agli impegni, perché, anche riducendo i punti della nostra lista, se manteniamo questo atteggiamento di pressione e pretesa non avremo risolto il problema.
Inoltre, è opportuno attribuire alle cose il vero senso che appartiene loro, ovvero quello di azioni quotidiane e non di “prove di vita” da superare, come se il fatto di non compierle portasse a chissà quali estreme conseguenze.
Quando siamo affannati e non ci fermiamo a “sentirci”, non ci concediamo l’opportunità di vedere e osservare dove siamo, cosa accade intorno e dentro di noi, le emozioni che stiamo provando.
Se non stiamo nell’attimo in cui viviamo, non riusciamo a gustarci i momenti di felicità che ci capitano nella giornata e non li imprimiamo nella memoria: di conseguenza, oltre all’ansia generata dall’essere proiettati nel futuro, rischiamo di ritrovarci depressi nel ricordare un passato privo di gioie.
Lasciamo che i momenti di tempo libero siano davvero occasioni di relax e non che diventino anch’essi degli obblighi da rispettare a tutti i costi: se realmente l’obiettivo della vita è essere felici, cerchiamo di goderci la possibilità di diventarlo, perché risiede nelle nostre scelte.

 

 

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